LA MIA ESPERIENZA IN KENYA
Ciao a tutti, sono Alessandro, un ragazzo di vent’anni che di mestiere fa l’animatore turistico. Sono qui a scrivervi perché sto affrontando, in questo periodo, un’esperienza a dir poco unica, una di quelle che ti può cambiare decisamente la vita. Prima di raccontarvela, però, vi descrivo brevemente come ho fatto ad arrivare fino a qui. Come scritto precedentemente, sono un ragazzo che un anno e mezzo fa, appena dopo aver conseguito il diploma di scuola superiore, ha intrapreso un’avventura: quella dell’animatore turistico. Questo lavoro viene accostato facilmente al termine “divertimento”, ma pochi si rendono conto di quanto possa essere duro, soprattutto a livello mentale, stare dai 3 ai 6 mesi lontano dai tuoi amici e parenti, mancando ai vari compleanni, anniversari e addirittura a Natale e capodanno. Diciamo che non è così tanto semplice. Io però sono dell’idea che qualsiasi piccolo sacrificio verrà prima o poi ripagato ed ecco ,infatti, che in una fredda giornata di metà dicembre passata disteso sul divano, ricevetti improvvisamente una chiamata.; risposi e dall’altra parte il capo della mia agenzia, senza troppi giri di parole, mi disse: <<Alessandro, prepara le valigie che tra tre giorni parti per il Kenya>>. Io a quel punto rimasi senza parole, tutto mi aspettavo ma non di partire per un posto che mi ha sempre attratto immensamente. Il mio cuore era pieno di gioia, non riuscivo a trattenere l’entusiasmo, ero prontissimo per affrontare un’esperienza che chissà quando ancora ripeterò.
Oggi, dopo poco più di un mese da quella chiamata, sono qui, nella mia cameretta, a scrivervi ciò che i miei occhi hanno visto e soprattutto ciò che il mio cuore ha provato in questo ancora breve periodo di permanenza in Africa.
Se guardate la tv, osserverete le solite pubblicità di organizzazioni no profit che raccolgono fondi per aiutare le popolazioni del terzo mondo, facendovi vedere, a volte, scene raccapriccianti di assoluta miseria. Io, stando qua, ho potuto osservare in prima persona questa “povertà”, che però di povero ha veramente poco. Lungo la strada si possono osservare dei piccoli villaggi costituiti da abitazioni simili a capanne, che a casa nostra potremmo utilizzarle benissimo come stalle per il bestiame. Queste casette vengono abitate dalle cosiddette persone “povere”, ma che in verità sono molto più ricche di noi. Non avranno la tv, non avranno l’iphone, non avranno nemmeno il computer, ma hanno qualcosa che dalle nostre parti manca sempre di più: il sorriso. Mi stringe il cuore vedere i bambini correrti addosso ad abbracciarti sperando che tu abbia una semplice caramella da dare loro in dono. Con un gesto così piccolo e genuino, puoi rendere felice un bambino che non ha bisogno della tecnologia di ultima generazione, o degli abiti firmati, per stare bene. A volte dobbiamo renderci conto di quanto siamo fortunati ad avere una casa con l’acqua corrente o ad avere tutto a portata di mano in un semplice supermercato dietro l’angolo. Queste persone però non danno molto importanza a ciò, e si godono tutto (anche se può sembrare poco) quello che la vita ha in serbo per loro. Qui però compare un asterisco, non proprio minuscolo. Purtroppo, c’è chi non si accontenta di questa vita; c’è chi vuole avere più denaro, più potere; c’è chi, frustato da questa situazione, vuole cambiare in qualsiasi modo. Ovviamente c’è chi lavora regolarmente (ma si sa a quanto si aggirino qui gli stipendi di lavoratori medi, che. devo ammettere, sono imbarazzanti, anche se il costo della vita è assai basso). Ci sono altri, invece, che vogliono guadagnare di più; ci sono ragazzi e ragazze che si sono fatti inghiottire dalla maledizione del dio denaro. Ricordo che ciò che scrivo è pienamente soggettivo, ma queste persone ( che di spirito africano per me hanno ben poco) sono i veri poveri. Noi italiani, come qualsiasi altro cittadino europeo (quindi “benestante”) che viene in vacanza in Africa, è visto come un “musungu”, ossia un “viso pallido”. Non è un buon termine, questo lo devo ammettere, ma loro associano ciò alla figura di una banca portatile, di un emittente di denaro, di un pollo da spennare. Questi ragazzi, quindi, si comportano come le mosche, non ti lasciano stare finché tu non lasci loro qualche spicciolo (raccontandoti nel frattempo un’immensità di falsità solo per farti tenerezza), per poi, una volta raggiunto l’obiettivo, sfoggiare davanti ai tuoi occhi un cellulare touch screen, per farti capire che tu, musungu, puoi farti comandare da loro come e quando vogliono. Ci sono inoltre ragazze, spesso anche ragazzine, che svendono il loro corpo a dei vecchiardi pervertiti che vengono in vacanza, pur di accumulare qualche soldino in più. Parliamo tanto degli altri, ma ho visto scene raccapriccianti commesse da uomini italiani: dei signori sulla sessantina che vengono in vacanza qui solo ed esclusivamente per sfruttare delle povere ragazze, che non hanno nulla da offrire se non il loro corpo. Insomma, sono qui solo da un mese, ma ne ho già viste parecchie. L’avventura è ancora lunga e son sicuro che questo posto mi riserverà altre mille emozioni! Nel bene o nel male, questa esperienza sta segnando la mia vita, con un po’ di Africa si può finalmente aprire gli occhi…e il cuore!
Alla prossima, Alessandro.
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